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Siamo nuovamente in lockdown. Era il 9 Marzo 2020 quando l’Italia (e anche la Calabria) piombarono nel ‘tunnel’ della chiusura totale con i cittadini costretti a restare in casa e a muoversi soltanto con autocertificazioni comprovanti motivi di lavoro, salute o necessità

Esattamente come la Pasqua di un anno fa siamo, purtroppo, punto e a capo. Complice una Campagna vaccinale che fa acqua da tutte la parti. Solo annunci e proclami che lasciano, purtroppo, il tempo che trovano. Da Conte a Draghi, da Arcuri e Figliuolo, nulla è cambiato. L’Italia resta e sarà (sempre) il solito Paese disorganizzato, fatto di ritardi ed inefficienze, in cui a pagarne le spese saranno, come al solito, le fasce più deboli e meno protette.

Da questa mattina, infatti, si sono abbassate, ancora una volta, le saracinesche di molte attività commerciali, così come si sono chiuse le porte di numerosi studi professionali o di tante Aziende private e Pubbliche Amministrazioni. La nostra, da tempo, è una terra costretta a fare i conti con un quadro economico e sociale fra i più devastati d’Europa.

Cosa resterà di questa pandemia, è facilmente intuibile in quanto si prospetta uno scenario ancor più desolante di quello che l’ha preceduta e che, sicuramente, incoraggerà sempre più le nuove generazioni ad abbandonare territori ormai martoriati da crisi economiche persistenti (da almeno un secolo), e prive di qualsivoglia prospettiva lavorativa, oltre che dall’incuria e dal degrado culturale in cui spesso si sono alimentati i mali peggiori di questa regione.