La responsabile del Viminale Luciana Lamorgese è stata la prima ad intervenire parlando del ruolo conquistato dalle donne anche nei vertici della Pubblica Amministrazione e sulle sfide che questo lungo percorso comporta per il raggiungimento di un’eguaglianza sostanziale fra i generi

Il Ministro è partita da un richiamo storico, quello dell’Onorevole Teresa Mattei che nel Marzo 1947, all’età di 26 anni, prendeva la parola all’Assemblea Costituente per perorare una piccola ma significativa modifica al testo: «L’onorevole Mattei – ha dichiarato Lamorgesesapeva che il testo che stava prendendo forma riconosceva uguaglianza di diritti a uomini e donne, ma riteneva non fosse sufficiente una parità formale e che occorresse qualcosa in più per garantirla anche in modo sostanziale».

Si tratta di un riferimento alla parità sostanziale, dove l’operato delle donne che ricoprono ruoli pubblici venga valutato sulla base delle loro competenze, delle loro scelte e dei risultati ottenuti e non all’appartenenza di genere di chi le abbia compiute. «La mia opinione – ha, inoltre, proseguito il Ministro – è che sempre, per ogni scelta, si debba guardare alla preparazione, all’esperienza e alla competenza. Solo così eviteremo che il bilanciamento fra generi si traduca in un elemento di separazione se non di difficoltà».

L’obiettivo è di eleminare quel soffitto di cristallo, linea di confine che marca le differenze, adottando norme sempre più incisive. In tale direzione, infatti, guarda l’ultimo provvedimento legislativo sul tema, approvato dal Parlamento italiano volto a favorire la parità salariale fra uomini e donne. Nel chiudere il suo intervento, la Lamorgese ha, infine, individuato due temi che si intrecciano fortemente. Il primo riguarda gli squilibri nella rappresentanza di genere ai vertici delle classi dirigenti con ancora poche donne nei ruoli chiave ed il secondo è riconducibile al pregiudizio che accompagna la valutazione del loro operato. «Quello che personalmente reputo auspicabile – ha concluso il Ministro – è una parità che non sia omologazione, ma sia soprattutto inclusione, rispetto delle differenze, valorizzazione del patrimonio di competenze».