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È stata una requisitoria serrata per denunciare le minacce alla democrazia e alle libertà dei cittadini americani

Un discorso definito dai media il più grintoso mai pronunciato da Joe Biden. Senza mai nominare Donald Trump, il Presidente in carica ha attaccato per ben 13 volte quello che ha chiamato «il mio predecessore» su tutto. Dallo stop agli aiuti all’Ucraina, all’accordo bipartisan sull’immigrazione che proprio l’ex Presidente ha fatto colare a picco. L’aumento del debito pubblico, frutto di 2 mila miliardi di sgravi fiscali da lui concessi ai ricchi. E, poi, l’assalto al Congresso del 6 Gennaio 2021 e il tentativo del tycoon di sovvertire l’esito del voto.
L’accusa più netta: «Su quelle elezioni il mio predecessore ha sepolto la verità». E, ancora: «Non puoi amare il tuo Paese solo quando vinci». Non era mai successo che in un discorso ufficiale, un Presidente attaccasse con tanta veemenza un avversario politico.
Ma nessuno, in realtà, si è sorpreso. Da qui al voto del 5 Novembre prossimo sarà, infatti, un testa a testa fra lui e Trump. Del resto lo stesso Partito Democratico aveva chiesto a Biden di essere molto duro per dimostrare di avere ancora energia di fronte ad un’opinione pubblica che lo vede vecchio, indebolito e vulnerabile.
Biden ha preso più volte di petto anche i Repubblicani del Congresso. Li ha provocati sulle tasse, sull’aborto e sull’immigrazione ed  è stato pronto a raccogliere e a polemizzare, sempre. L’Europa, invece, è stata citata solo per la Nato e la guerra in Ucraina. «Siamo passati dal ‘Gorbaciov abbatti quel muro’ di Reagan al ‘Putin fai quello che vuoi dei Paesi Nato’ del mio predecessore» ha ricordato Biden, mostrandosi sempre energico per allontanare i sospetti di appannamento da senilità.

*Limmagine in evidenza è a cura di Adam Schultz