Già docente universitario, è tuttora uno dei massimi esperti in materia grazie ad una lunga ed intensa attività di ricerca e insegnamento presso l’Università della Calabria dove è stato, tra l’altro, Direttore del Dipartimento di Scienze dell’Educazione e Prorettore dell’Ateneo
Lo abbiamo incontrato nei giorni scorsi per riflettere, in primo luogo, sull’attuale ‘stato di salute‘ della Scuola soprattutto alla luce delle tante problematiche emerse nel corso di una terribile pandemia. Le riflessioni del professor Trebisacce non sono comunque prive di critiche severe, anche se incoraggiano la società a ripensare al ruolo della Scuola in ambito formativo. Di seguito le sue risposte al nostro Direttore Responsabile Francesco De Filippo, nel corso di una piacevole conversazione.
La Scuola di oggi è obsoleta. Potrà mai rispondere alle sfide alle quali è chiamata?
«E’ opinione largamente diffusa che la Scuola stia attraversando un momento di particolare crisi che la pandemia ha maggiormente evidenziato e in qualche modo anche aggravato. Da qui l’auspicio pressoché generalizzato di un forte investimento su di essa per aiutarla a risalire la china e farla diventare un vero motore di cambiamento della società. Sono assai pochi coloro che invece sono consapevoli della sua incapacità ‘strutturale’ di produrre una concreta attività di trasformazione sociale».
Qual è, a suo giudizio, il ruolo della Scuola nella società?
«La Scuola, ci rende edotti la letteratura specialistica del Settore, è un’Istituzione voluta dalla società per consolidare le sue basi e garantire un ordinato svolgimento della sua vita: socializzare le conoscenze (istruzione) e i valori (educazione) è l’obiettivo prioritario di ogni consorzio umano. Se è così, e nel corso della storia le cose sono andate proprio così, è illusorio pensare che da essa possa prodursi un rinnovamento radicale della società, che potrebbe metterne a rischio l’impalcatura culturale e valoriale che la sostiene. Questo compito, per così dire ‘riproduttivo’, che è comune a tutte le Istituzioni (da in-stituere=rendere stabile), la Scuola del passato l’ha assolto assai agevolmente, sia perché le società di riferimento, quella pre-industriale e, in parte, anche quella industriale, restavano quasi immote nel tempo, o si evolvevano molto lentamente, con un corpus di conoscenze e di valori ben definito e valido universalmente e per sempre, sia perché la platea dei suoi fruitori era molto ridotta (Scuola d’élite)».
L’evoluzione tecnologica degli ultimi decenni quali effetti ha provocato sul sistema educativo scolastico?
«Gli sviluppi scientifici e tecnologici che, a partire dagli anni ’80, hanno investito anche la società italiana, indirizzandola verso dimensioni post-moderne e qualificandola come società complessa e in rapida transizione, hanno imposto all’Istituzione scolastica una radicale trasformazione del suo modo di essere e di operare. L’irruzione nello scenario formativo di nuovi soggetti, dotati di poderosa forza cognitiva, ha reso obsoleta e pressoché irrilevante l’azione comunicativa della Scuola, così come la relativizzazione dei valori ne ha enormemente limitato la forza educativa di un tempo. L’unico motivo che ne giustifica la sopravvivenza nella società attuale consiste nella formazione di soggetti intellettualmente attrezzati e capaci di orientarsi nella complessità odierna».
E’ capace la Scuola italiana di rispondere positivamente a questa sfida?
«Alla luce delle politiche malthusiane degli ultimi decenni nel campo della formazione (riduzione delle risorse e scarsa attenzione alla professionalità docente) e in considerazione del progressivo abbassamento dei livelli performativi dei nostri giovani, registrato dagli Istituti nazionali e internazionali di rilevazione, ne dubito fortemente».
Dopo l’esperienza della DaD (didattica a distanza), ci sarà ancora spazio per una Scuola concepita sul modello tradizionale della presenza in classe degli alunni?
«La didattica a distanza è una metodologia accreditata da studi e sperimentazioni che in condizioni ottimali dà buoni risultati. Nella nostra Scuola è stata introdotta per uno stato di necessità, dovuto alla sospensione delle attività in presenza a causa della pandemia. Al di là dei risultati conseguiti, ma dubito fortemente che siano stati completamente positivi, è significativo il fatto che non si sia interrotto il rapporto con gli studenti e che si sia utilizzata una metodologia d’insegnamento che può essere integrativa e complementare di quella in presenza. Io credo che con l’utilizzo sempre più diffuso della tecnologia, in ogni campo dell’attività umana, la Scuola del futuro non possa fare a meno di questa modalità di comunicazione e di organizzazione delle attività didattiche».
La redazione de ilpendolo.it ringrazia Giuseppe Trebisacce per la cortese e generosa disponibilità.
*L’immagine in evidenza è a cura di Rosanna Angiulli