L’expremier ha illustrato il suo Rapporto sulla Competitività
Non c’è enfasi, non c’è emozione, non c’è empatia. Mario Draghi è tornato al Senato dopo quasi 3 anni dalla sua caduta. I cronisti lo hanno aspettato assiepati dietro ad un cordone, tenuto dai Commessi. L’ex premier hs sorriso, entrando in Aula dove lo hanno aspettato le Commissioni congiunte del Parlamento. C’era un’aria gelida, una diffidenza che ben conosce e va al di là delle poche dichiarazioni che confessano nostalgia.
Nessuno smania per trattenerlo, per dare più tempo alle risposte sollecitate da decine di interventi. Prima di andar via, ha avuto il tempo di un colloquio cordiale con il Presidente Ignazio La Russa, davanti ad un caffè. «La nostra sicurezza è oggi messa in dubbio dal cambiamento nella politica estera del nostro maggior Alleato» ha ricordato Draghi.
L’Europa, oltretutto, è meno competitiva per via della sua dipendenza energetica e noi facciamo peggio degli altri, anche per colpa di un’imposizione fiscale maggiore. Ripete che la regola dell’unanimità va superata. Che è chiaro che su certe scelte bisognerà procedere a diverse velocità. Mentre avvisa sui Dazi, che un’Europa che crede di poter andare in ordine sparso è ancora più fragile.