Scomparso all’età di 98 anni visse la disciplina come una missione
Se esistono primati nella Sociologia italiana, Franco Ferrarotti li ha conquistati tutti, vincitore nel 1961 della prima e (allora) unica Cattedra di questa disciplina, fino a quel momento negletta per effetto dell’anatema crociano che l’aveva definita «inferma Scienza». Professore universitario nel corso di una lunga ed incessante attività che è stata giustamente definita poliedrica, per l’insaziabile varietà degli interessi e degli aspetti che ha toccato.
Di famiglia contadina, era nato a Palazzolo Vercellese il 7 Aprile 1926 e aveva mostrato la sua indole battagliera fin dagli studi universitari svolti a Torino. «Ero un ragazzo di campagna che va in città. A ripensarci adesso – scrisse un giorno di sé – mi faccio quasi pena. Avevo poca salute, ma come tutti i sopravvissuti, non mi mancava il coraggio né mi difettava l’ardire».
A Torino si era laureato a pieni voti nel 1949, con una tesi insolita e divergente, rispetto alla rigida prassi del tempo. Totalmente insofferente alle regole è stata tutta la sua carriera, dalla precoce esperienza bellica come giovane partigiano sulle Langhe, a collaboratore di Adriano Olivetti nell’Impresa di Comunità.
Da studioso appassionato e sempre alieno alle controversie accademiche, a Deputato nella terza Legislatura, senza tessere di partito. Ma soprattutto viaggiatore. Infatti, non una volta che Ferrarotti non fosse in partenza o in arrivo da qualche viaggio. Non aveva mai smesso da quando, appena laureato, si era imbarcato su una nave per l’America.
Viaggiare e scrivere sono state, appunto, le passioni della sua vita. Un’ottantina di libri ed un numero imprecisato di articoli. Nel 1951 fonderà i Quaderni di Sociologia: «Ho sempre avuto dentro di me l’esigenza di una rivista – ammise, quindi, l’intellettuale – per poter parlare alle persone conosciute, ma anche e più ancora, a quelle sconosciute attraverso un Organo di Stampa periodico, di cui fossi Responsabile».