Era una Domenica mattina di 70 anni fa. Le apparecchiature venivano dall’America, dalla General Electric. Però bisognava aspettare fino alle ore 11:00, al momento dell’inaugurazione, per sciogliere ogni dubbio. A Torino il trasmettitore di Colle Eramo stava funzionando bene, così come quello di Corso Sempione a Milano e quello di Monte Mario a Roma.
Nel dopoguerra, sia a Torino che a Milano, infatti, c’era un grande fervore sperimentale attorno a questo nuovo apparecchio di trasmissione. Alle 11:00 in punto del 3 Gennaio 1954, con alcune cerimonie inaugurali, iniziano ufficialmente le trasmissioni della Rai. Tocca all’annunciatrice Fulvia Colombo pronunciare le prime fatidiche parole: «La Rai, Radiotelevisione italiana, inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive».
Nel 1954 l’Italia era, purtroppo, un Paese povero, gravato da un alto tasso di analfabetismo. Viveva in condizioni igieniche precarie ed usava il treno come mezzo principale di trasporto. All’inizio, a causa dei costi lelevati, l’avvento della TV fu un evento per pochi fortunati. Grazie al cielo, c’erano i Bar e gli Oratori che trasformarono la visione in un’occasione di incontro sociale. Di solito, il televisore era posto su un trespolo e una scritta minacciosa turbava la visione dei più distratti: «Consumazione obbligatoria».
Era una TV che rispecchiava lo spirito di una Borghesiamedio-alta e si rivolgeva a quella stessa Borghesia, la sola in grado di acquistare il costoso apparecchio. Ogni programma dell’epoca era anche un’offerta di conoscenza per il pubblico, in quanto per la prima volta il mondo entrava in casa. Era il momento in cui, per la sua specificità di «medium generalista di flusso», la TV tendeva a sincronizzare con rara efficacia i ritmi di un’intera Comunità nazionale.