Salari praticamente fermi da 30 anni, con l’inflazione che ha superato l’8% ed era dal 1986 che non succedeva, rosicchiando una fetta notevole del potere d’acquisto delle famiglie. Nella rincorsa fra redditi e costo della vita ci piove pure sopra il congelamento dei rinnovi contrattuali. Al 27 Ottobre 2023, secondo l’Istat, oltre 6,4 milioni di lavoratori attendono da anni il rinnovo contrattuale.
Con i Sindacati che ne discutono, o almeno provano a farlo, ma non portano a casa neppure un soldo, perché prima arriva il Covid, poi la guerra, poi il rialzo dei Tassi ed, infine, i rincari energetici. Gira che ti rigira ci si trova sempre a fare i conti con un omeopatico tasso di crescita dei salari che non scavalla mai. In Italia, infatti, l’1% in 30 anni.
Tirando le somme, nel nostro Paese la struttura della contrattazione collettiva non è riuscita a far crescere le retribuzioni reali. Fra il 1991 ed il 2022 i salari, purtroppo, sono cresciuti in maniera irrilevante a fronte del 32,5% in media registrato nell’Area Ocse. L’invecchiamento della popolazione dei lavoratori assunti, oltre alla precarizzazione o mancata stabilizzazione di quanti entrano oppure sono entrati di recente nel mondo del lavoro, ha statisticamente reso più povero anche il mercato del lavoro italiano.