Nel 1954, appena sedicenne, inizia a mettere a frutto la pratica della scrittura, collaborando al Giornale del Mattino come cronista sportivo. Racconta che, siccome alle gare campestri delle Cascine, al Liceo, arrivava sempre ultimo, gli viene suggerito di descriverle, invece che correrle. E così fece, manifestando quelle inclinazioni che svilupperà in seguito nella professione.
È l’inizio di un percorso lavorativo e di vita che lo porterà a raccontare, in articoli, reportage, interviste, contributi e pubblicazioni, ciò di cui è testimone, senza mai dimenticare senso critico, capacità di mettere in dubbio i luoghi comuni, specie su temi caldi e scomodi e la trasversalità delle tematiche. Arriva a teorizzare la disumanizzazione della civiltà occidentale e, come risposta, ci invita, con il suo ‘tutto è uno‘, a riconoscere l’importanza dell’armonia degli opposti e di una lettura costruttiva e partecipativa della società, in un’ottica cooperativa e non competitiva.
La sua è spesso una periegesi, ovvero una lettura storiografica dei contesti, che parte dalla geografia dei luoghi ed arriva alla narrazione di popoli e persone, costumi e dinamiche, grazie alla sperimentazione diretta. Nel 1957 viene ammesso al Collegio medico-giuridico della Scuola Normale Superiore di Pisa e si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, dove si laurea a pieni voti nel 1961.
Dopo gli studi a Pisa, approda nel 1965 in Giappone, inviato dall’Olivetti, per tenere alcuni corsi aziendali, inizio di una possibile carriera manageriale cui non darà seguito. In Oriente vivrà con tutta la famiglia per oltre 30 anni, dal 1972 al 2004 e durante una parentesi negli Stati Uniti, avrà modo di apprendere anche la lingua cinese, approfondendo le dinamiche e i principi di maoismo e comunismo.
In seguito, i suoi reportage dalla Cina infastidiscono le autorità, tant’è che nel 1984 Terzani viene accusato di ‘crimini controrivoluzionari‘ e ‘possesso indebito di tesori nazionali‘ e costretto per questo agli arresti domiciliari. L’intervento dell’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, permetterà di scarcerarlo. L’esperienza cinese darà così vita, l’anno seguente, al libro La porta proibita.
Dal 1985 al 1990 vive a Tokyo ed in seguito a Bangkok, nel 1994 si trasferisce a Delhi, ritirandosi poi dalla professione nel 1996. L’anno dopo si ammala e reagisce iniziando un altro viaggio, interiore e concreto allo stesso tempo, definito da Terzani come ‘involontario, imprevisto e il più intenso‘, visitando vari Paesi e raccontando le diverse tecniche della medicina tradizionale ed alternativa, sino ad arrivare ad una nuova consapevolezza interiore.
Si farà chiamare Anam, il senzanome, perché non ne ha più necessità. Tiziano Terzani si spegnerà nel suo rifugio in stile tibetano sull’Appennino pistoiese, ad Orsigna, nel Luglio 2004. Nel 2006 uscirà postumo La fine è il mio inizio, a cura del figlio Folco Terzani, una conversazione sulla sua vita, sulla bellezza della fantasia, della tolleranza, evidenziando il coraggio della scoperta e del confronto che non può diventare scontro.
Per Terzani il giornalismo è sempre stato il mezzo per realizzare il «desiderio di vedere, toccare, partecipare ai fatti della storia» ed interpreterà in quest’ottica la sua collaborazione con le varie testate con le quali ha collaborato. Nel corso della sua carriera ha, inoltre, raccontato una miriade di eventi, oltre al significativo cambiamento della società a livello globale.
Sempre testimone del suo tempo e delle connessioni fra le varie epoche, ha messo al centro il ruolo dell’uomo ed il concetto che «una rivoluzione, per essere tale, deve nascere dentro se stessi». Ci ha lasciato molto su cui riflettere, nuovi punti di vista per osservare il mondo, le dinamiche umane, la voglia di formulare domande e cercare risposte, con la certezza che, come affermava lui, «la storia esiste solo se qualcuno la racconta».