È famoso un suo scherzo giocato nel 1409 ai danni di Manetto Ammanatini detto il Grasso

Le cronache, infatti, riportano che avesse un certo caratteraccio, unito a un sagace senso dell’umorismo che lo portava ad architettare scherzi e non solo Cupole maestose. Il Grasso era un ebanista e aveva la bottega in Piazza San Giovanni.
Lo chiamavano così per via della corporatura non proprio esile. Filippo, grazie a tutta una serie di complicità orchestrate ad arte, decise di fargli un dispetto. La ragione?  Il Grasso una sera aveva dato buca alla brigata di amici di cui lo stesso Brunelleschi faceva parte.
Allora Filippo, per vendicarsi, con uno stratagemma si chiuse in casa di Manetto, che così non poté più entrare. Quando questi, stranito per i vari tentativi andati a vuoto, si mise a urlare, la voce di Brunelleschi gli rispose da dentro, chiamandolo Matteo.
A nulla valsero le smentite del Grasso, che si affannava nel dire che no, altroché Matteo, lui era Manetto. In più uno dei complici della burla, per strada, finse di riconoscerlo sempre come Matteo, dicendo che non gli aveva pagato un debito. Così il Grasso fu pure arrestato.
La burla ebbe effetto: Manetto ormai era disperatamente convinto di essere diventato un’altra persona, tal Matteo Mannini, un nullafacente che viveva a carico della famiglia. La messinscena fu perfetta e lo scherzo riuscì benissimo. Il Grasso, alla fine, per la vergogna di essersi fatto gabbare in quel modo, scappò in Ungheria. E pare che lì fece pure fortuna.
Molti secoli più tardi il regista Neri Parenti si sarebbe ispirato ad essa per il film Amici miei – Come tutto ebbe inizio, prequel della saga capolavoro di Mario Monicelli, nella quale si celebra quello spirito fiorentino di cui anche Brunelleschi era portatore sano.