Capace come nessuno di raccontare la vita dei Quartieri del Centro Storico di Firenze, città dove nacque, da Santa Croce all’Oltrarno, Pratolini si fece portavoce di un popolo che l’esistenza deve guadagnarsela ogni giorno, a costo di sacrifici e tenacia.
Per farlo, inventò un neorealismo tutto suo, abolendo veli e patetismi retorici e andando oltre le congetture. I suoi eroi, infatti, non sono né buoni né vincenti. Lo dimostrano i suoi molti romanzi.
Narratore di scenari sociali e legami affettivi, di cronaca e lirismo, Pratolini fu coraggioso e anticonformista. Lo dimostrò anche nel lungo silenzio editoriale dell’ultimo periodo della sua vita, interrotto soltanto da Il mannello di Natascia, il suo ultimo romanzo.
In quelle pagine si ispira ad una tragica vicenda di cronaca, la scomparsa violenta di una giovane militante che ha scelto la lotta armata dopo che il fratello è a sua volta deceduto durante un fallito tentativo di rapina, e tenta una decifrazione della terribile stagione degli anni di piombo.
Ricordare la scomparsa dello scrittore fiorentino, significa tratteggiare le Vie della Firenze popolare. Il Quartiere, ad esempio, di San Niccolò, dove nasce il personaggio di Metello, il muratore fiorentino, spirito ribelle che vive i primi albori del socialismo e del movimento operaio.