Li chiamano pianeti erranti o pianeti orfani, o con una dizione più asciutta e scientifica, pianeti interstellari. Hanno, infatti, perso il legame gravitazionale con la propria stella e vagano nello spazio

Questa ricerca è stata condotta utilizzando vari telescopi, dai quali sono state ottenute migliaia di immagini ad ampio campo, costate centinaia di ore di osservazioni. La ricerca di pianeti interstellari sfrutta la tecnica di microlente gravitazionale, basata su un fenomeno astrofisico previsto dalla teoria generale della relatività, che descrive le interazioni gravitazionali fra i corpi dotati di massa.
«È stato possibile individuare questi pianeti – ha spiegato l’astronoma Núria Miret-Roig perché restano caldi per milioni di anni dopo la loro formazione, perciò emettono radiazioni. Così abbiamo analizzato i livelli di luminosità, oltre a caratteristiche come il colore e i piccoli movimenti di milioni di sorgenti diverse in un’ampia zona del cielo. Questo metodo ha permesso di individuare anche corpi con una luminosità molto debole, in particolare almeno settanta di tali sorgenti sono in effetti pianeti con masse paragonabile a quella di Giove».
Non si tratta, tuttavia, di fenomeni rari. La teoria della formazione planetaria, infatti, prevede che questi corpi possano essere proiettati lontano dalla propria stella. Al di là della scoperta in sé, la ricerca fa pensare che sul piano della pura statistica, i cosiddetti pianeti fluttuanti potrebbero essere miliardi e risulta difficile osservarli, in quanto sono visibili solo per poche decine di milioni di anni, se non meno. In effetti, potrebbero essercene miliardi solo nella nostra sconfinata galassia.