Il capolavoro ascoltato oggi mantiene intatto il suo incanto

Nel 1824 Beethoven aveva 54 anni, di lì a 3 anni sarebbe morto, era afflitto da numerosi malanni oltre alla sordità di cui tutti sanno. In aggiunta c‘erano mali psicologici, traversie affettive, difficoltà di rapporti. Nonostante questo, osò concludere il suo percorso sinfonico con un’Ode dedicata niente meno che alla Gioia, facendo suoi i versi del grande poeta romantico Friedrich von Schiller.
Nel 2001 l’Unesco l’ha inserita nel Patrimonio immateriale dell’Umanità. Con l’esecuzione della Nona sinfonia si conclude stasera all’Auditorium Parco della Musica di Roma il ciclo integrale delle sinfonie di Beethoven dirette dal maestro Daniele Gatti, con una smagliante Orchestra di Santa Cecilia ed il magnifico coro guidato da Andrea Secchi.
«Mi commuove in questo monumento che è la Nona sinfonia, l’aspetto umano – ha dichiarato il maestro Gatti -. Messe da parte le notazioni di carattere tecnico musicale, mi colpisce un uomo il cui cuore trabocca d’amore. Lo stereotipo di un Beethoven musone e collerico, scompare davanti alla grandezza e sincerità di questa confessione».