I test rivelano che spesso non c’era parentela fra le vittime dell’eruzione
L’individuo con il bracciale d’oro e il bimbo che portava in braccio, sono maschi senza relazione di parentela. Anche i presunti Padre e figlio accanto a loro, sono privi di legami di famiglia. Delle presunte sorelle della casa del criptoportico, almeno una è in realtà un maschio. Le vesti non sempre di qualità di alcune vittime suggeriscono che alcuni siano (è una supposizione perché il Dna non può confermarlo) schiavi rimasti indietro, mentre i loro padroni fuggivano.
«Ci sono storie a Pompei che si tramandano da generazioni – ha sostenuto Valeria AmorettiResponsabile del Laboratorio del Parco Archeologico – come la madre con il figlio in braccio e le famiglie unite fino alla morte. Oggi, invece, l’analisi del Dna di alcune vittime dimostra che il senso comune non basta a spiegare quei momenti concitati». La rivista Current Biology ieri ha pubblicato il primo test approfondito del Dna degli abitanti di Pompei, in una ricerca condotta anche con l’Università di Harvard.
Le letture tradizionali, basate sulle apparenze, quindi, non sono valide. «Siamo in una catastrofe di massa. Dobbiamo immaginare una popolazione in preda al panico» suggerisce, pertanto, Amoretti. Oltre ai calchi, l’analisi del Dna coinvolge anche alcuni scheletri. I cumuli di materiale vulcanico, con il passare delle ore, ha intrappolato, infatti, le persone rimaste all’interno. «Le scosse quella notte divennero così forti che ogni cosa sembrava non solo tremare, ma addirittura capovolgersi» ricorda Plinio il Giovane, che pure si trovava 30chilometri più a Nord, a Capo Miseno.