Dopo un accurato restauro ed una approfondita campagna di ricerche, per presentare al pubblico un’opera magica e sofisticata, insieme agli studi e alle analisi che ne ipotizzano l’attribuzione a Rembrandt, con la diretta partecipazione del Museo d’Arte di Göteborg, l’opera, realizzata in tecnica mista su carta riportata su tela, è rimasta per secoli dimenticata in un fondo storico-artistico risalente al ‘500.
Il prototipo rembrandtiano di questo soggetto iconografico, a cui afferiscono le derivazioni conservate a Göteborg e a San Pietroburgo, era stato considerato perduto dagli studiosi, incluso il Centro di ricerca Rembrandt Research Project. Grazie al ritrovamento dell’opera, agli attenti restauri e alle indagini diagnostiche, l’esposizione fiorentina presenta al pubblico un’opera che rivela una forza e una tecnica di eccezionale interesse.
Il dipinto è realizzato con la particolare tecnica di schizzo ad inchiostro su carta velato a olio, successivamente applicato su tela. Grazie alle analisi diagnostiche eseguite sull’opera, in modo particolare alle indagini mediante riflettografia infrarossa IR, è stato possibile studiare e analizzare meravigliose immagini invisibili a occhio nudo, che in mostra vengono presentate e condivise.
I visitatori dell’esposizione, quindi, potranno così idealmente partecipare alla fase ideativa dell’opera nel momento in cui essa ha preso forma per l’autore; al tempo stesso, al pubblico è offerta la possibilità di approfondire gli elementi stilistici, storico-artistici e tecnici correlati al dipinto e di comprendere i rapporti con le altre versioni dell’opera presenti in Europa.
Infatti, i diversi passaggi di segno ad inchiostro, talvolta a pennello, le intuizioni, i ripensamenti, resi visibili dalle indagini, testimoniano la ricerca delle forme da parte dell’artista e introducono alla visione dell’opera nella sua attuale straordinaria bellezza. Fondamentale è in tal senso il confronto del dipinto con le versioni di Göteborg e di San Pietroburgo, le quali, a parte le dimensioni e alcuni dettagli, si presentano molto simili.
In virtù del confronto fra le 3 versioni si chiariscono alcuni elementi stilistici finora ritenuti inspiegabili. L’esposizione de L’Adorazione dei Magi è anche l’occasione per ricostruire la storia del suo casuale ed eccezionale ritrovamento. Il dipinto, che mostra un soggetto tra i più classici della storia dell’arte e ampiamente trattato dal pittore olandese, è di proprietà di una famiglia romana e fa parte di un fondo storico artistico parzialmente risalente alla fine del ‘500, in cui è presente un filone di provenienza olandese (al quale appartiene il dipinto in questione).
Dopo essere caduto accidentalmente, nel 2016 è stato sottoposto ad un intervento di restauro: è stato proprio durante la pulitura dell’opera, annerita dalla vernice antica che, grazie all’intuito e all’esperienza della restauratrice Antonella Di Francesco, il capolavoro è emerso in tutta la sua sofisticata bellezza. Un’occasione unica, quindi, per entrare nel vivo della creazione di un capolavoro.