La miracolosa salvezza del Cosenza dell’estate scorsa ha semplicemente rinviato di qualche mese l’amaro confronto con una fallimentare gestione sportiva da parte della proprietà, messa ancor più a dura prova dal perdurare della pandemia
Sigmund Freud intitolò proprio così una sua opera (L’avvenire di un’illusione) con la quale, nel lontano1927, cercò di spiegare l’origine psicologica della religione, definendola ‘l’oppio dei popoli‘, ed il suo futuro nella cultura d’Occidente. Nonostante il paragone sia per molti aspetti improprio per dare un senso alla difficile situazione della squadra rossublù, vale comunque la pena scomodare un personaggio di così alta levatura per dire che, anche in questa circostanza, i termini “avvenire” e “illusione” hanno tuttavia un significato pregnante nell’analisi del contesto calcistico cosentino, attuale e futuro, non foss’altro che il pallone spesso è un rito pagano che all’occorrenza celebra i suoi miti.
Sembrava, infatti, che con il contratto triennale ad Occhiuzzi, l’artefice della miracolosa salvezza, la permanenza in Serie B della squadra fosse stata messa al sicuro almeno per un lustro, garantendo alla città e alla sua provincia di godere, con continuità, di un importante palcoscenico nazionale coltivando, nel contempo, la legittima ambizione della Serie A. Ma nello sport come nella vita, spesso i conti non tornano, è l’errore è stato fatto nel dimenticare troppo in fretta il rendimento del Cosenza nei mesi che hanno preceduto il lockdown, quando i risultati della squadra erano a dir poco disastrosi, nonostante la presenza dei vari Rivière, Asencio e Casasola.
E così l’illusione di poter competere nell’anticamera dell’elité del calcio professionistico con scelte sempre più discutibili e azzardate (mercato di Agosto 2020 e Gennaio 2021; rapporto ormai logoro con il Direttore Trinchera) ha presto svelato che in realtà non c’era nessun ridente avvenire ad attendere il Cosenza poiché, ancora una volta, si è di nuovo punto e a capo, con un Presidente tutt’ora avvinghiato alla speranza di un ‘premio salvezza‘ per evitare che la nave affondi del tutto. Bene ha fatto, in ogni caso, l’ex Alberto Urban a dichiarare che nel calcio sono i valori come l’appartenenza ed il senso identitario, a motivare un gruppo e non, piuttosto, il denaro, che a queste latitudini è sempre stato utilizzato con eccessiva parsimonia.
D’altronde, è anche opportuno ribadire che i suddetti valori, senza alcun dubbio, non possono germogliare in una piazza in cui i calciatori arrivano per lo più in prestito e dove persiste, in modo cronico ed irreversibile, una profonda frattura tra il Presidente della Società ed i tifosi rossoblù. Molti vorrebbero che Guarascio quanto prima cedesse le sue quote, ma c’è anche da evidenziare (soprattutto), il fragile tessuto imprenditoriale del territorio cosentino dal quale, difficilmente, potranno emergere ‘cordate‘ disposte a versare flussi di denaro nelle casse societarie. Sembra, più che altro, la storia del gatto che perennemente si morde la coda.