«Dovremmo prepararci ad un’epidemia globale che si diffonderà per via aerea». Furono queste le parole profetiche pronunciate e, poi, inascoltate di Barak Obama, ex Presidente degli Stati Uniti d’America, che nel 2014 esortava il mondo ad attrezzarsi contro un eventuale virus ad alto contagio globale, come infatti lo è il Covid-19.

Erano i tempi di Ebola, scoppiata in Africa nel Dicembre 2013, quando Obama parlò della necessità di non farsi trovare impreparati dinanzi al rischio di una possibile pandemia che si sarebbe potuta verificare a distanza di cinque o dieci anni. «Potrebbe accadere che a un certo punto arriverà una malattia che si trasmette attraverso l’aria e che è mortale. E per essere in grado di affrontarla dobbiamo creare un’infrastruttura, non solo nel nostro Paese ma in tutto il mondo, che ci permetta di riconoscerla velocemente, isolarla velocemente e rispondere velocemente».

Questo, almeno, è ciò che normalmente si dovrebbe chiedere ai politici: di essere lungimiranti ed Obama, appunto, lo fu. A differenza di un Donald Trump che in questi mesi non ha fatto altro che sminuire la portata dell’epidemia e dichiarare, a più riprese, anche dopo i primi casi registrati negli Usa (il Paese, attualmente, con il più alto numero di contagi e decessi), che la situazione era, tuttavia, sotto controllo.

Ma il tycoon americano, nei giorni scorsi, è andato ben oltre dei suoi stessi clamorosi errori di valutazione, poiché ha bloccato i fondi all’Organizzazione Mondiale della Sanità, di cui gli Usa sono il primo contributore con 400-500 milioni l’anno, accusandola persino di aver insabbiato, insieme alla Cina, l’emergenza Coronavirus causando, a suo giudizio, molte più vittime e disastri economici di quelli prevedibili.