E’ trascorso ormai oltre un decennio da quando l’Italia ha approvato il suo Codice Digitale, anche se in realtà il Paese in questi anni solo in parte ha mostrato segni di capacità innovativa. Sono bastate, tuttavia, poche settimane in cui l’emergenza da Coronavirus ha costretto gli italiani a restare chiusi in casa che, di colpo, l’uso delle tecnologie si è posto al centro di nuove esigenze e nuove abitudini.
Molte, infatti, sono state le promesse non mantenute da parte di una burocrazia sempre più asfissiante che non ha mai saputo realmente approfittare dell’avvento di internet per slegare molti dei suoi aggrovigliati nodi e scrollarsi di dosso un po’ di quella ruggine che ha reso sempre più farraginoso il sistema pubblico.
Ora, quasi per magia, grazie allo smart working, il lavoro si svolge da casa; la Scuola, seppur con delle difficoltà, sopperisce alla mancanza in aula degli studenti attraverso la didattica a distanza; il medico prescrive online i farmaci per i propri pazienti che, poi, tranquillamente passano in Farmacia a ritirarli.
Tutto questo, ovviamente, si poteva fare già da tempo, ma solo in un momento di estrema difficoltà ci si è accorti di quanto la rete possa essere una nostra alleata, non soltanto nel risolvere grossi problemi come quello attuale, ma migliorare complessivamente la qualità della vita dei cittadini.
Sono anni, ad esempio, che il livello di inquinamento, specie nelle regioni del Nord, ha raggiunto soglie altissime ed insostenibili, ma in pochi sono stati quelli che hanno pensato al modo più razionale per limitare il traffico cittadino e la mobilità nei grandi centri urbani, sostenendo che non è la circolazione a targhe alterne, quanto piuttosto l’uso avveduto delle tecnologie digitali che permettono, appunto, di svolgere le tante attività giornaliere, escludendo di fatto l’uso dell’automobile.