3 anni

La mostra propone una selezione di circa 30 opere realizzate negli anni ’70 da Lydia Sansoni, artista legata al movimento di liberazione della donna, i cui lavori nel 1975 vengono definiti da Carla Ravaioli «il primo manifesto del femminismo»

La mostra che si svolge presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma, dal 5 al 19 Marzo, è accompagnata da un catalogo promosso da Archivia, dove, insieme all’introduzione della curatrice, è pubblicata una selezione di testi sull’artista usciti in quegli anni.
Nata a Venezia nel 1930, Sansoni studia scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera ed esordisce nel 1953 con una mostra personale alla Galleria del Pincio di Roma, dove presenta una serie di assemblage in cui l’attenzione per il polimaterismo si vena di accenti surrealisti.
Spinta dalle nuove istanze emerse con il femminismo, negli anni ’70 torna ad esporre e a realizzare vignette e illustrazioni per le riviste del movimento. In questa fase Sansoni espone opere composte da scatole di legno e setacci da cucina entro i quali assembla piccoli objets trouvés, frutto di lunghe ‘battute di caccia’ fra le mura domestiche, alla ricerca di bigodini, strofinacci, bilie e soldatini.
Preleva oggetti ordinari, casalinghi, e li trasforma in racconti allucinati sulla condizione della donna all’interno della famiglia borghese occidentale, con i suoi ruoli rigidamente codificati. Secondo Dacia Maraini, l’artista si muove «con la sicurezza di chi crede nel valore politico del fare pittura, facendo scaturire le grottesche figure della rovinosa farsa dei ruoli sessuali e sociali che hanno inquinato la storia».
Infine, insieme agli assemblage, in mostra viene presentata una selezione di disegni e collage su carta, in cui la Sansoni lavora sulla relazione fra immagine e parola per demistificare il sessismo espresso dalla cultura, la politica e la religione, dall’antichità al XX° secolo.