E’ ancora impresso nella nostra mente il ricordo del grande maestro Franco Battiato. E lo sarà ancora per molto tempo, almeno sino a quando le sue canzoni smetteranno di essere poesia e di alimentare il turbinio delle nostre emozioni

La bravura di Andrea Scanzi, autore del libro e dello spettacolo dal titolo E ti vengo a cercare, consiste innanzitutto nella sua capacità di consegnarci intatto il ‘ritratto‘ di un grande autore, musicista ed intellettuale del nostro tempo. Il giornalista toscano, oltretutto, è uno straordinario cultore della musica italiana, in grado perciò di collegare i fili che tengono legate le performance artistiche dei vari cantautori anni ’70 e ’80 al loro tratto biografico e, non solo, ma soprattutto al contesto sociale di un’Italia, già all’epoca, in preda a comportamenti intrisi di volgare conformismo.
Battiato, tuttavia, è stato un ‘personaggio‘ che per la sua complessità non si è mai lasciato attrarre dalle mode del momento, tant’è che anche l’incredibile popolarità ottenuta con il disco La voce del padrone, ha fatto sì che prendesse subito le distanze dalle stereotipo del cantante di successo, succube delle regole dettate dal consumismo più becero.
«Gli anni più felici per Battiato – scrive, infatti, Scanzi nel suo libro – non sono quelli del successo, ma quelli della sperimentazione che vanno dal 1971 al 1975. In quegli anni realizza 5 dischi, oscuri e difficili. Erano anni strani e Battiato ci sguazzava come pochi, anche se sono stati salvifici e decisivi». Forse potrebbe sembrare prematuro scoprire proprio adesso la grandezza dell’artista siciliano, nel senso che dal giorno della sua scomparsa, avvenuta il 18 Maggio scorso, è passato ad oggi davvero poco tempo. Ma il racconto di Scanzi, senza eccedere in enfasi o retorica spicciola, restituisce all’ascoltatore l’esatta dimensione dell’artista Battiato, ossia quella di aver reso comprensibili linguaggi sin troppo ermetici e di aver mutato in sostanza gli effimeri contenuti dalla musica pop.