Alla fine degli anni ’60, durante la guerra civilein Nigeria, è stato detenuto per alcuni anni, come prigioniero politico. Soyinka ha vinto il Nobel per la Letteratura nel 1986. Con l’avvicinarsi del suo Compleanno, la scorsa estate, ha deciso di farsi un regalo insolito. È abile nel respingere gli elogi, come quando gli hanno suggerito che la sua sincerità nel corso della sua intera vita, è segno di coraggio.
L’Arte e la Politica sono per lui intrinsecamente intrecciate, anche se non indulge alla romantica idea che la ribellione faccia bene agli artisti. È angosciato dai recenti avvenimenti negli Stati Uniti, dove un tempo ha vissuto in esilio volontario. Era qui anche durante quella che definisce «la lotta dei neri» e lo fa infuriare vedere cancellati i risultati ottenuti dai suoi coetanei nel movimento per i diritti civili.
Già con la vittoria di Donald Trump alle presidenziali del 2016, ha preso le forbici e ha tagliato la sua green card, determinato a non essere più nemmeno un membro parziale di questa Società. Il tempo e l’esperienza hanno trasformato un giovane pieno di speranze,in un uomo di mondo, alquanto deluso.
Considera gli esseri umani impegnati in un conflitto perpetuo, con il potere da una parte e la libertà dall’altra. Tuttavia, non ha abbandonato il suo campo di battaglia. «Ho perso la fiducia in quel senso di idealismo realizzabile» ha dichiarato, infine, lo scrittore, che osserva con sfiducia a quanto adesso succede in America.