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Storia di un viaggio crudo e reale su una vicenda personale

40’ minuti da portare nelle Scuole o da condividere in famiglia, perché affrontano il problema della dipendenza, in questo caso dal gioco d’azzardo, in modo diretto, senza filtri e senza giri di parole. Si resta, quindi, con un’idea chiara e, giustamente, anche un po’ angosciata del pericoloso labirinto in cui si può finire. E s’impara che c’è un’unica strada per uscirne, ossia chiedere aiuto.
Il racconto che ricostruisce la vicenda, arricchendola di tutte le riflessioni necessarie, arriva dritto in faccia, anche per il coraggio di Fagioli nell’esporre la sua debolezza o nell’esplorare pubblicamente la sua fragilità. Un ragazzo che per mesi non è riuscito a superare la paura di confidarsi con le persone più care.
È un meccanismo psicologico che può sembrare inestricabile, visto da fuori. S’inizia a scommettere pensando di tenere tutto sotto controllo, ma la situazione può sfuggire di mano in poco tempo. «Non si scommette per vincere, ma per l’adrenalina che dà» ammette, quindi, il calciatore.
È una discesa agli inferi, quella in cui ci accompagna Fagioli, con voce calma e lo sguardo ancora convalescente da quella che è stata, a tutti gli effetti, la guarigione da una malattia. E anche il percorso di resurrezione morale che ne consegue e non viene affatto edulcorato, anzi se ne percepisce tutta l’asperità nel corso della narrazione.