Vent’anni di Primavera dei Teatri. Quest’anno il Festival sui nuovi linguaggi della scena contemporanea, in programma a Castrovillari dal 25 Maggio all’1 Giugno, festeggia un importante avvenimento.
Ideato e diretto da Scena Verticale, Primavera dei Teatri ha trasformato il borgo ai piedi del Pollino, in un vero e proprio laboratorio sperimentale, punto focale a Sud, luogo d’incontro e confronto fra artisti, operatori e critici.
Il Festival, sotto la direzione artistica di Saverio La Ruina e Dario De Luca e quella organizzativa di Settimio Pisano, conferma la propria vocazione nell’essere attento alle nuove poetiche lasciando spazio a compagnie emergenti che intercettano i segnali più vitali sparsi nella penisola, sino ad ospitare rilevanze teatrali di ultima generazione.
Nel cartellone della ventesima edizione, come di consueto, diversi i debutti che vedono il ritorno di artisti, conferme della scena coeva e diverse novità della scena nazionale e internazionale.
In 8 giorni verranno ospitate 23 Compagnie, ben 14 saranno i debutti, di cui 3 in anteprima nazionale assoluta, 9 gli artisti stranieri coinvolti, 3 gli incontri e 6 le performance che andranno ad arricchire la programmazione.
«Nel corso di questi vent’anni, che forse ci sembrano ancora pochi, abbiamo collezionato edizioni che ci sono sembrate, e continuano a sembrarci, grandi imprese irraggiungibili, rischiose e improbabili – sostiene Dario De Luca, uno dei Direttori Artistici -. Abbiamo confezionato edizioni completamente al buio, senza sapere se saremmo riusciti ad ottenere i finanziamenti pubblici necessari per realizzarla. Qualcuna di queste edizioni è andata fuori stagione (c’è stata anche una Primavera dei Teatri “invernale”), abbiamo preso una bella boccata d’aria fresca in questi ultimi tre anni, ma già da domani respirare diventerà di nuovo un qualcosa da dover sperare. Nonostante questo, in ogni momento, con caparbietà, passione e fierezza, abbiamo percorso il filo teso del fare teatro, in una terra di disequilibri, piena di contraddizioni. In bilico come funamboli ci siamo mossi lungo la strada dell’arte, carichi d’adrenalina per la paura di rischiare e consapevoli che il vero rischio sarebbe stato fermarsi. Abbiamo seminato e raccolto tanto in termini di fatica, entusiasmo, scoperte, consensi, cambiamenti. E oggi, ritrovandoci con ormai un ventennio alle spalle, è come se il funambolo incarnasse la metafora perfetta di cosa significhi fare questo lavoro, un lavoro che in un certo senso sembra eleggere naturalmente questa figura artistica a simbolo dello stato dell’arte. Potremmo dire che oggi fare arte significa essere degli eccellenti funamboli: sempre in bilico, con la sola certezza del “qui e ora”».
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