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La vedova di Navalny sfida il regime scrivendo sulla scheda il nome del marito ucciso

Forse neanche la vedova di Aleksej Navalny si aspettava di vedere tanta folla per quello che è stato un voto-farsa. Decine di cittadini russi hanno interrotto la sua paziente attesa, il suo lento avanzamento nella coda verso l’Ambasciata russa di Berlino, perché hanno voluto fare un selfie con lei, ringraziandola.
Solo alla fine di una lunga e tesissima giornata, Yulia Navalnaya consegnerà ai microfoni della Rai parole di fredda rabbia: «Per favore, smettetela di chiedermi se ho un messaggio per Putin. Non ci può essere un dialogo con Putin. Lui è un gangster, è la persona che ha trascinato il mio Paese in guerra. Non ho messaggi per lui».
Era stato proprio Navalny, prima del suo assassinio, a chiedere agli invisibili di diventare visibili, agli oppositori di Putin di darsi appuntamento a mezzogiorno davanti ai seggi delle elezioni presidenziali per unirsi, per contarsi. Il dittatore, tra l’altro, ha ottenuto un risultato scontato. Percentuali che gli consegnano, dopotutto, un quinto mandato fino al 2030.
Quando arrivano i risultati parziali, il presentatore esplode negli stessi superlativi usati dalla TV di Stato: «colossale», «incredibile», mentre il team di Navalny denuncia un risultato «slegato dalla realtà». Il messaggio del criminale Putin è stato più volte ripetuto ai suoi sostenitori: «Questa vittoria mostra che siamo sul cammino giusto. Saremo più forti e più efficaci. La priorità ora è l’Ucraina».