In un saggio l’autore ceco racconta la città prima e dopo l’invasione russa
Per restituirle la sua verità storica, il grande scrittore di origine cecoslovacca, nato nel 1929 e scomparso meno di un anno fa a Parigi, attinge a materiali di prima mano e non alle fonti tedesche utilizzate abitualmente per ricostruire il suo passato. E, con tanto amore, racconta Praga come fosse una civiltà sepolta e inabissata dalla storia.
Di questa piccolo Paese, antico come l’Occidente, Kundera ci fornisce la fotografia di un’altra Europa, rappresentata anche da altre minoranze geografiche e linguistiche, raramente trattate come protagoniste di eventi storici. Il breve saggio scritto negli anni ’80 dall’autore de Il valzer degli addii, sottrae Praga all’usurata immagine di un itinerario turistico e di finta meta culturale.
In questa esplorazione culturale della città, culla dello Strutturalismo, Kundera chiama arapporto anche altre figure dominanti della cultura ceca. Arriverà la notte totalitaria, l’invasione russa del 1968 che spazzerà via la cultura moderna. Il saggio, innervato di coinvolgimento emotivo e passione letteraria, appare come una sorta di genealogia segreta per approdare almeno fino alla soglia del laboratorio creativo dello scrittore, esule in Francia sin dal 1975.