Gianni Agnelli scomparso all’età di 81 anni, il 24 Gennaio 2003, è stato uno degli ultimi capitani d’Industria ed un indiscusso simbolo d’eleganza italiana nel mondo

Raccontare la storia degli Agnelli e della Fiat, in Italia e per l’Italia, significa ricostruire il percorso dell’identità nazionale. L’Avvocato è stato sicuramente una delle figure più carismatiche di tutto il ‘900, sempre al centro di vicende fondamentali che ne fecero nel corso degli anni, un punto di riferimento nel nostro Paese.
A 20 anni della sua scomparsa, dunque, non resta che il ricordo di un uomo elegante e di un intelligenza acuta e profonda, che non gli impediva di penetrare a fondo l’essenza delle cose dotandolo, oltretutto, di uno spiccato senso dell’ironia dietro il quale, spesso, al di là della raffinatezza, si celava un sarcasmo pungente ad aristocratico.
Ha amato le donne ed i motori e, soprattutto, la sua Juventus divenuta nel corso della sua presidenza anche il simbolo di un potere familiare che, in ogni caso, non è mai sconfinato nella boria e nell’arroganza di strampalati parvenu.
Un Club, tuttavia, odiato in quanto espressione di un rigore sabaudo, fatto di stile ed efficienza, forse ormai smarrito e perduto nel tempo a causa di un calcio estremamente divorato dal denaro e dal protagonismo di un Governo Federale di mezze figure che ha definitivamente consegnato la leadership agli spavaldi inglesi.
Il disegno è quello di fare in modo che la Juventus sia venduta ad uno di quei fondi ‘anonimi‘ gestiti da cinesi, americani oppure arabi. Vogliano strapparla dalle mani della sua legittima proprietà. Questo non credo che accadrà, anche se Andrea, ingenuamente, non ha capito che, prima Calciopoli e ora l’inchiesta Prisma, tenta proprio di indebolire la gestione familiare della Società. Tutto questo, ovviamente, con il grande Avvocato, non sarebbe successo.