La Corte costituzionale rinvia di un anno la trattazione della questione di costituzionalità che era stata sollevata dai Tribunali di Salerno e Bari sulle norme che puniscono con il carcere i giornalisti condannati per diffamazione, per dare il tempo al Parlamento di intervenire con una nuova disciplina, visto che sono attualmente pendenti vari progetti di legge in materia. Una decisione che è stata presa, come spiega in un comunicato la stessa Corte «nel rispetto della leale collaborazione istituzionale». I Tribunali di Salerno e di Bari avevano sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale della pena detentiva prevista in caso di diffamazione a mezzo stampa, con riferimento, in particolare, all’articolo 21 della Costituzione e all’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo.
La soluzione delle questioni poste, secondo la Consulta, «richiede una complessa operazione di bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela della reputazione della persona, diritti entrambi di importanza centrale nell’ordinamento costituzionale. E una rimodulazione di questo bilanciamento, ormai urgente alla luce delle indicazioni della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, spetta in primo luogo al legislatore».
«Quando si parla di una così intollerabile e anacronistica sanzione come il carcere ai giornalisti ci vorrebbe una cancellazione secca della norma – ha dichiarato a margine il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Verna – ma il segnale della Corte Costituzionale è molto forte. Siamo soddisfatti della perentorietà con cui i Giudici delle leggi hanno investito il Parlamento. Questa deve essere l’occasione per una nuova legislazione per il giornalismo che sanzioni anche le iniziative giudiziarie temerarie contro la libertà di stampa».