Intervenendo a State of the Union, l’evento organizzato dall’Istituto Europeo Universitario di Fiesole, il Presidente della Commissione Europea ha ricordato la figura di di Don Lorenzo Milani e la Scuola di Barbiana
Per prima cosa ha ringraziato l’Italia con la sua presa di posizione all’inizio della pandemia, quando lanciò il suo appello all‘Europa. Gli italiani, infatti, attraverso l’iniziativa dell’ex primo ministro Giuseppe Conte, chiesero solidarietà e l’intervento dell’Unione Europea dinanzi ai gravi problemi causati dall’emergenza sanitaria: «L’Italia aveva ragione, l’Europa doveva intervenire. E questo è quello che abbiamo fatto». Poi ha continuato il suo discorso con il toccante ricordo di un grande italiano.
«A pochi chilometri da Firenze – ha affermato von der Leyen – nel paese di Barbiana, negli anni ’60, un giovane insegnante usò due semplici parole in inglese nella sua Scuola: I care. Sono le due parole più importanti da imparare. I care, significa mi faccio carico delle responsabilità. Quest’anno da parte di milioni di europei la reazione è stata questa. Dev’essere il motto europeo in quanto è la lezione più importante di tutta la crisi pandemica».
«Accolgo con grande entusiasmo le parole della Presidente della Commissione Europea nel suo discorso sullo stato dell’Unione – sono state le parole del Ministro Bianchi –. Don Milani è uno dei grandi modelli educativi della Scuola italiana che ha lasciato un segno costruttivo nella nostra Comunità. Con il suo esempio, la sua passione e la sua determinazione, ha tracciato una strada per parlare a quei giovani di cui nessuno si stava prendendo cura, mostrando, nei fatti, che l’istruzione è per tutti e non solo per chi se lo può permettere».
Ma ci verrebbe da dire: non dimentichiamo, a quei tempi, cosa è stata capace di fare la politica italiana, complici la Chiesa ed il mondo delle Istituzioni, nei confronti di un giovane prete, figlio della colta borghesia fiorentina. Don Milani, grande intellettuale, in realtà, per tutta la vita è stato un ‘emarginato‘ al servizio degli emarginati. Per le sue idee ‘rivoluzionarie‘ fu processato per apologia di reato ed, in seguito, assolto e scagionato per le sue presunte colpe, anche se un ‘illuminato’ Pubblico Ministero dell’epoca ebbe modo di ribaltare la sentenza di primo grado, condannandolo post-mortem.