Il premier ungherese al di là della Cortina di Ferro resuscitata da Putin
L’Europa reagisce. A fatica e nonostante Viktor Orbán. Non intende avallare i principi che richiamano alla sovranità dell’Ucraina. Votano in 26, senza l’Ungheria. Non è il miglior risultato possibile. Si tratta di una scelta. Regge, invece, l’unità continentale sull’altro dossier discusso durante il summit: il piano di riarmo europeo.
Dopo un dibattito aspro, tutti i Paesi adottano, quindi, conclusioni comuni. Entro il prossimo summit arriveranno ulteriori proposte per consentire ai partner dell’Unione di andare oltre l’aumento dell’1,5% di spese militari già esentate. È un’accelerazione per certi versi inaspettata. Concordata dal Cancelliere tedesco uscente Olaf Scholz con il suo successore Friedrich Merz.
L’accordo sulla difesa, d’altra parte, è sospinto dall’urgenza del momento. «La guerra della Russia – si legge nelle conclusioni – è una sfida esistenziale per l’Europa». «Essere all’altezza di questo tempo» è l’appello di Macron. La tensione quasi si può toccare, come dimostrano le parole di Von der Leyen: «È un momento spartiacque per l’Europa, che deve affrontare un pericolo chiaro e presente».