Un sole tiepido di primavera si riflette sul mare di Pizzo Calabro a ricordarci di Gioacchino Murat valoroso Re di Napoli fucilato sul luogo il 13 Ottobre 1815
Scrisse una lettera alla sua amata Carolina, prima di ordinare al plotone di esecuzione di esplodere i colpi che lo avrebbero inesorabilmente colpito: «Mostratevi degni di me – si legge nel commiato alla moglie – vi lascio in una terra e un reame pieno di miei nemici».
«Non maledite mai la mia memoria – aggiunse, poi, Murat – ricordatevi che il più grande dolore che provo nel mio supplizio è di morire lontano dai miei figli, da mia moglie e di non avere nessun amico che possa chiudermi gli occhi».
Sono parole strazianti quelle che il regnante francese lascia impresse con l’inchiostro su di un foglio di carta, che soltanto 20 anni dopo Alexandre Dumas farà recapitare alla sorella del grande Napoleone Bonaparte, sovrano di Francia. «Mirate al petto…non al viso» furono, infine, le sue eroiche parole pronunciate prima di morire.
All’interno del Maniero una scrupolosa ricostruzione storica riproduce ora gli ultimi giorni di vita di Murat, rappresentando i diversi momenti della detenzione del Re e dei suoi uomini. Visitare il Castello di Pizzo significa, oltretutto, rivivere in prima persona le vicende storiche che segnarono il destino di un popolo.
Esso non fu mai una residenza signorile, ma sempre Fortezza Militare e prigione. Con Decreto del 3 Giugno 1892 fu dichiarato Monumento Nazionale, ricordando che passato al Demanio, venne ceduto nel 1884 al Comune di Pizzo Calabro.
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